Diabolik Magnum 3 (2020)

Cover di Giuseppe Di Bernardo

Terza ottima lettura di questa “raccoltona” della Astorina, con la sua proposta di cinque avventure diabolike accomunate da un qualche fattore: stavolta tocca alla morte in mare, prendendola alla larga.

Il 15 giugno 2020 esce in edicola “Diabolik Magnum” n. 3, dove nell’introduzione ci viene spiegato che questa terza uscita si era cominciata a lavorare all’inizio del 2020, cioè quando si parlava di un certo virus in Cina, e quindi la decisione è stata consequenziale: perché non raccogliere cinque storie “epidemike”? Poi però la pandemia da COVID-19 si è rivelata un qualcosa di così enorme – malgrado oggi non freghi più niente a nessuno tanto che ce la siamo già dimenticata – che sarebbe stato di cattivo gusto il tema del volume, così si è preferito affrontare un argomento più leggero ed estivo come il mare… e la morte!

«Per Eva e Diabolik il mare può essere di volta in volta amico, nemico o complice, ma sempre e comunque teatro di drammatiche avventure. E alcune di queste hanno condizionato la loro storia.
Questo volume le raccoglie in un’edizione riveduta, arricchita e commentata.»

Malgrado in tanti anni io sia stato un lettore solo occasionale del Re del Terrore, in questo Un mare di sangue ho beccato ben due se non tre albi già letti, e addirittura uno di questi persino recensito qui nel blog! Lo stesso ritrovare insieme storie lontane nel tempo ma accomunate da un elemento mi ha fatto piacere, tanto da rileggermi anche gli albi che già conoscevo.


1. L’isola del terrore
da “Diabolik” n. 155 (5 gennaio 1970)
sceneggiatura di Angela e Luciana Giussani
disegni di Sergio Zaniboni

«Una serie di sciagure si abbatte sulla spedizione del prof. Golstèn. È dunque vero che sul tesoro del pirata nero pesa una maledizione? Ginko non ci crede, fiuta la presenza di Diabolik. Ma la spiegazione si cela dietro una realtà più terrificante.»

Torna la trovata della “maledizione”, che mi intriga sempre, ma stavolta non abbiamo i soliti battibecchi fra Eva (superstiziosa) e Diabolik (gretto materialista), perché in pratica rimangono all’oscuro della cosa fino all’ultimo.

Abbiamo infatti un’altra banda di criminali con ambizioni diabolike e pari spietatezza: non esistano ad uccidere a sangue freddo una secchiata di ricconi facendo spacciare la cosa per semplici incidenti, così da alimentare l’idea della maledizione del Pirata Nero. E sapete cosa nun glie dovete fa’, ar Pirata Nero…

Ho riso tanto quando entra in scena quel babbeo di Ginko, che non pago di fare figuracce a Clerville cerca di ampliare la platea di gente che lo possa ammirare fallire miseramente ogni sua azione, così appena gli arriva notizia che dall’altra parte del mondo qualcuno è morto in modo strano, lui scatta in piedi, grida “È Diabolik!”, si spara dieci ore di volo così da arrivare giusto in tempo per fallire miseramente e fare la figura del babbeo fuori sede. Ah, quante grasse risate in faccia a Ginko…

Un’ultima annotazione mi sento di farla sui granchi. Ho passato quasi tutte le estati della mia infanzia negli anni Ottanta a stretto contatto con i granchi, piccoli e grandi, e posso assicurare che non hanno mai cercato di mangiarmi vivo come immaginano le autrici di questa storia.


2. Un’isola maledetta
da “Diabolik” n. 726 (agosto 2007)
sceneggiatura di Tito Faraci
disegni di Sergio Zaniboni

«Solo Eva può credere che Diabolik voglia semplicemente prendersi una vacanza. Solo Eva può credere che Diabolik voglia generosamente aiutare dei poveri indigeni in difficoltà. E solo Diabolik conosce la verità… ma non può rivelarla neppure alla donna che ama.»

Un tempo potevo vantare di aver letto solo storie piacevoli firmate Tito Faraci, mio autore prediletto da ormai trent’anni, poi dopo la profonda delusione del trittico dei 60 anni ora mi capita questa doppia storia che mi ha fatto storcere parecchio la bocca: il mito della “invincibilità” del mio Tito si è parecchio incrinato.

Diabolik è uno stakanovista, gli anglofoni (o gli itanglesi) lo chiamerebbero un workaholic: se non sta deliquendo sta facendo piani per delinquere, non si ferma mai a godersi gli oceani di diamanti che ha messo da parte, mostrando chiaramente una psicosi patologica, visto che ruba solo perché non potrebbe vivere altrimenti.

Ed Eva? Spesso la donna viene ritratta come molto più “normale”, quindi giustamente avrebbe il desiderio di “staccare” dal lavoro, timbrare il cartellino del crimine e magari farsi una vacanza: possedendo i due più soldi di qualsiasi altro essere vivente, è paradossale che non spendano mai nulla se non per organizzare colpi criminali, sì da acquisire altri soldi del tutto inutili.

Finalmente Eva e Diabolik vanno in ferie, ma ovviamente non sono ferie: d’un tratto Tito Faraci ha l’irresistibile impulso a regalarci un pezzo di mythology da mani in faccia: scopriamo l’isola dove, unico luogo nella galassia, cresce la pianta che serve a creare il materiale di cui sono fatte le maschere diabolike. Fine prima parte…


3. Fuga dall’isola
da “Diabolik” n. 727 (settembre 2007)
sceneggiatura di Tito Faraci
disegni di Sergio Zaniboni

«Qual è il vero obiettivo di Diabolik? Perché si è fatto coinvolgere in una guerra senza quartiere tra la tribù di Lan-Tah e una potente multinazionale? Come potrà vincere una così impari lotta? La risposta a queste domande è sull’isola maledetta.»

A vedere da lontano la storia ci può stare che occupi due albi, in fondo c’è la parte con la vita quotidiana, in cui Eva preme per una vacanza che in parte ottiene, poi c’è la conoscenza con gli abitanti dell’isola, con i costruttori cattivi, il piano machiavelliko e infine il lungo spiegone che all’improvviso introduce una roba da mani in faccia: per sessant’anni Diabolik ha spedito materiali all’isola a totale insaputa di Eva, roba che non va neanche in bagno senza avvisarla. Va be’.

Tutta questa in effetti sembra roba da storia in due puntate, ma in realtà è tutto sbrigato in due vignette: il 99% della vicenda consiste in Diabolik che spaventa gli operai cattivi con una fantomatica maledizione. E va bene un caso, due casi, ma al decimo caso di spavento da maledizione la cosa diventa ridicola: ho capito Tito che stai allungando il brodo non avendo una mazza da dire, ma c’è bravura anche nel non parlare di niente.

Una lettura noiosissima accompagna l’inutilmente lunga parte centrale, e quando poi arriva lo spiegone sulla gomma delle maschere ho solo voglia di colpire Tito con un giornale arrotolato. E non devo essere stato il solo, perché ci viene spiegato che quell’invenzione demenziale creava così tanti problemi che si sono spiegati a inventarsi un’altra stupidata per giustificare Diabolik che ora la pianta se la fa in casa. Ma come, per sessant’anni ha fatto i salti mortali perché in nessuna parte del mondo poteva crearsi ’sta pianta, e ora in cinque minuti se la pianta in balcone come fosse rosmarino?

Una doppia puntata buttata al vento.


4. A mani nude
da “Diabolik” n. 828 (febbraio 2016)
sceneggiatura di Andrea Pasini e Rosalia Finocchiaro
disegni di Angelo Maria Ricci

«Diabolik è lontano, molto lontano da Clerville. Braccato dalla polizia, si ritrova senza soldi, senza maschere, senza un’auto con cui fuggire e senza la possibilità di chiedere aiuto a Eva Kant. Dovrà quindi affrontare la situazione “a mani nude”… letteralmente.»

Altro albo che avevo già letto ma che mi sono gustato di nuovo con piacere.

L’inizio è friccicoso, con una bella sorpresa sulla vera identità diabolika, e poi vediamo il Re del Terrore in difficoltà, a giocare fuori casa ma cavandosela egregiamente, nell’affrontare la malavita straniera per trovare le risorse e tornare a casa.

Qualche idea forse è un po’ forzata, ma alla fin fine l’ho letto con piacere e non si può chiedere di più.


5. Sulle tracce di Eva
da “Diabolik” n. 850 (dicembre 2017)
sceneggiatura di Andrea Pasini e Rosalia Finocchiaro
disegni di Matteo Buffagni

«Per salvarle la vita, Diabolik ha dovuto abbandonare Eva. Ora deve ritrovarla e la cerca tra le lussureggianti isole dei mari del sud. Ma non sarà facile: l’unica traccia che ha in mano è una conchiglia…»

Questo albo non solo l’ho letto, ma l’ho anche recensito: metto qui un estratto dalla mia passata recensione.

Siccome è noto che il protagonista è un irriducibile romanticone, ruba conchiglie al mare – deformazione professionale – per farne una collana da donare al suo ammmòre Eva. In fondo cosa regali a una donna che quando vuole una cosa… la ruba? Auto di lusso e gioielli ne ha a scatafascio: una conchiglia mi sembra il regalo più originale…

Cosa c’è di più bello di una vacanza ai Tropici a rubare cose in giro? L’unica cosa che potrebbe rovinarla… è un temporale. Craaack! Cominciano a cadere secchiate d’acqua, perché i Tropici offrono due prodotti locali: temporali improvvisi… e pirati. Tranquilli arrivano pure loro.

Quella conchiglia deve aver portato una sfiga da competizione, perché mentre casca più acqua dell’Aquafan di Riccione la barca di Diabolik ed Eva è assalita dai Pirati dei Caraibi in trasferta, armati e ben disposti al massacro. Cominciano a volare piombo, gocce di pioggia, coltelli e razzi per segnalazione: ’na Cambogia! Sono troppi per Diabolik, che in realtà ha affrontato situazioni ben peggiori ma quando agli sceneggiatori serve allora scatta il provvidenziale “sono troppi per me”.
Messa Eva, ferita e svenuta, su una scialuppa e lasciata in balìa delle onde, Diabolik si arrende… ma non prima di aver sfoggiato uno degli sguardi assassini migliori della sua carriera.

Bravi pirati, siete simpatici: per questo vi ammazzerò per ultimi (semi-cit.)

Il Re del Terrore si ritrova prigioniero del boss locale, Addis, che ha la faccia da Charles Bronson e le stesse (cattive) abitudini del Durant di Darkman (1990), cioè trattare le dita umane come sigari da… scorciare!

Hai le dita lunghe, amico: serve una scorciata
Durant approva!

Mentre Eva viene salvata da un vecchio pescatore che abita su un’isola deserta, le cui vere intenzioni rimarranno sospette fino alla fine, Diabolik finge di parteggiare per i pirati e di voler rapire la “ricca donna bianca”, organizzando così sia la ricerca dell’amata che la consequenziale punizione degli improvvidi pirati.

Le armi da fuoco sono per chi è privo di fantasia

Non mi sento di definire questo numero 850 come punto di partenza per nuovi lettori, come fa MikiMoz, considerandola in effetti una storia fuori dai normali schemi di Diabolik, come commenta Ema, ma non condivido la delusione di quest’ultimo: Sulle tracce di Eva è una pura storia action canonica, sicuramente lontana dallo stile di Diabolik. È un classicone, l’eroe a cui viene rapita la donna e deve recuperarla con l’astuzia e la violenza, ma raccontato seguendo più gli stili della narrativa d’azione anni Settanta e Ottanta che quelli del Re del Terrore, nei cui fumetti Eva sarà stata rapita mille volte ma la modalità del recupero qui mi sembra diversa dal solito.

Inoltre Buffagni disegna magistralmente un Diabolik muscolare che a stento riesce a trattenere la propria furia, con il viso contratto e gli occhi assassini. Che sembrano le solite caratteristiche del personaggio, ma in realtà qui è molto più simile ad un eroe d’azione d’altri tempi (e altri generi) che il solito ladro assassino.
Sulle tracce di Eva sembra uno di quei film che potevi beccare su Italia1 nei primi gloriosi anni Novanta, con una storia semplice ma che punta su belle scene d’azione e sull’onesto intrattenimento di genere. Di sicuro non il solito Diabolik: che sia per questo che mi è piaciuto?

L.

– Ultime recensioni diabolike:

4 commenti

  1. Cara Rara Planta, non ci crederai, ma stiamo pensando ad un colpo di scena retcon dopo le reazioni alle storie in cui Dk non può indossare i panni di un tale perchè troppo basso per esempio. Le maschere quasi magiche andavano bene nei sixties. Uno dei ragazzi del vivaio – stagionato, a dire il vero, considerato che per decenni si è guadagnato da vivere con i tarocchi ed una sfera di cristallo in Brera ( il greenwich village di Milano ndr ) ha suggerito che Diabolik sia un abilissimo ipnotizzatore in grado di mesmerizzare anche apparecchi elettronici. Uno del dipartimento scettici ha chiesto come sia possibile che abbia un simile superpotere e Brera ha risposto che mastica da sempre una rara planta magica. Scettico si è sganasciato come un cavallo e Brera si è risentito e ha detto che gli avrebbe fatto una fattura, ma noi sappiamo che ha sempre lavorato in nero prima della Astorina e non ci siamo preoccupati + di tanto. Ciao ciao

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  2. Ciao, nemmeno ricordavo di aver detto quella cosa su Sulle tracce di Eva… forse intendevo che potrebbe essere un albo potente per un nuovo lettore, che lo fa piombare diretto nell’azione diabolika e nei modi del protagonista… ^^
    Quanto alla doppia storia, almeno si rivede Wolf… essenziale per la continuity.
    Però poi non è che Dk ha la pianta, semplicemente ha sintetizzato i componenti della gomma, grazie a un macchinario avveniristico.

    Moz-

    Piace a 1 persona

    • Mi pare uno di quei casi in cui la toppa è peggio del buco, con quell’invenzione con cui hanno spiegato come mai non ci fosse più bisogno dell’isola. Capisco la febbre da mythology, ma potevano inventarsi mille altri motivi perché Diabolik fosse legato all’isola, tutti migliori della roba sulla pianta 😛

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