
Quarta ottima lettura di questa “raccoltona” della Astorina, con la sua proposta di cinque avventure diabolike accomunate da un qualche fattore: stavolta tocca alla morte ad alta quota, prendendola alla larga.
Nel 2020 esce in edicola “Diabolik Magnum” n. 4, dove nell’introduzione ci viene spiegato che ormai i timori iniziali sono superati, essendo diventata in pianta stabile la quinta testata fissa della casa, perfetta per permette ai nuovi lettori di conoscere avventure storiche del personaggio, agli appassionati per rinfrescarne la memoria e ai lettori saltuari (come me!) che in questo modo hanno la possibilità di conoscere meglio il personaggio.
Insomma, pare che la scommessa della “raccoltona” sia andata a buon fine.
«Se il mare ha segnato, sin dai primi momenti di vita, il destino di Diabolik, la montagna è stata presto scelta come scenario per alcuni degli episodi più suggestivi della serie. Una scelta che si è rivelata azzeccata, visto che alcune di queste storie, drammatiche e avventurose, sono rimaste nel cuore di molti lettori.»
Stavolta solamente una delle storie nella raccolta l’avevo già letta, o comunque la ricordavo. Devo dire che l’ambientazione montana e le condizioni estreme delle “temperature assassine” l’ho trovata decisamente ispirata e perfetta per il Re del Terrore.
1. Il crimine non ha confini
da “Diabolik” n. 233 (gennaio 1973)
sceneggiatura di Angela e Luciana Giussani
disegni di Flavio Bozzoli
«Un imprevisto dopo l’altro: banditi sanguinari, tenacissimi inseguitori, una furiosa tormenta… Ma Diabolik non cambia idea. Mai ammetterà che quei rubini-occhi dell’elefante sacro siano davvero maledetti.»
Torna la trovata della “maledizione”, che mi intriga sempre. A Nanga, vicino la città di Walpur (in un vago “Oriente”), c’è un tempio che sorge ai piedi di una grande montagna al cui interno è conservato «l’elefante sacro, in grandezza naturale: i suoi occhi sono due enormi rubini».
I due gioielli incastonati negli occhi dell’elefante sacro sono avvolti da una maledizione che, come suo solito, Eve teme mentre Diabolik irride e quindi regolarmente ne finisce vittima: non appena rubati, i due si ritrovano inseguiti dalla polizia locale, subiscono vari incidenti nella neve e diventano ostaggi di due evasi locali. Il freddo sarà il peggior nemico dei nostri eroi ma pure la maledizione non scherza.
Di nuovo, dopo la Perla Nera, Diabolik perde dei gioielli maledetti e si sfoga insultando Eva, che crede a queste «sciocchezze». Intanto però non c’è verso per il Re del Terrore di averla vinta quando i diamanti che cerca di rubare sono maledetti.
Adoro le storie “maledette” anche per i battibecchi che fanno generare fra i due criminali, e perché fa sempre piacere vedere ogni tanto Diabolik fallire.
2. Tragico viaggio
da “Diabolik” n. 257 (gennaio 1974)
sceneggiatura di Angela e Luciana Giussani
disegni di Sergio Zaniboni
«Un pugno di disperati sperduti in un nulla in cui gioielli e ricchezza non hanno più importanza. Conta solo salvarsi. Anche a costo di allearsi con il Re del Terrore.»
A cinquant’anni dal disastro aereo delle Ande (1972), con Newton Compton che porta in libreria (febbraio 2023) un saggio storico di Pablo Vierci (La società della neve) e un film Netflix in arrivo – senza dimenticare il mitico Alive. Sopravvissuti (1993) di Frank Marshall, che infatti Prime Video ha subito messo a pagamento, quando fino a pochi mesi fa era gratuito – è divertente chiedersi: e se quei sopravvissuti… avessero avuto Diabolik con loro?
Mi viene difficile credere che questa vicenda non sia stata ispirata dal tragico episodio sulle Ande, visto che è uscita in edicola a poco più di un anno di distanza e le assomiglia da vicino, ma comunque mantiene la sua freschezza e per fortuna non specula sulla disgrazia: addirittura trovo un Diabolik mai così buono, altruista e “salvatore”. Assolutamente irriconoscibile!
Salito a bordo per derubare un gioielliere, il Re del Terrore si ritrova a dover lottare per la propria vita in condizioni terribili, ma neanche per un secondo smette di pensare agli altri sopravvissuti, aiutandoli tutti e salvando loro la vita, il che mi sembra assurdo: uno che ha milioni di cadaveri sulla coscienza fa strano vederlo così attento che nessuno rimanga anche solo ferito da questa esperienza.
Storia di avventura estrema molto piacevole, anche per vedere Diabolik in panni eroici totalmente inediti.
3. Fuga dal rifugio
da “Diabolik” n. 465 (gennaio 1984)
sceneggiatura di Angela e Luciana Giussani
disegni di Sergio Zaniboni
«Nella cassaforte dei coniugi Moser sono custoditi gioielli per venti miliardi, protetti da un ipersofisticato sistema d’allarme. Impadronirsene sembra davvero impossibile e Diabolik, stavolta, non ha previsto tutte le insidie. Forse, per mettere a segno questo colpo, ha azzardato troppo…»
Stavolta la storia l’ho trovata meno incisiva, infatti a pochi giorni dalla lettura l’avevo già dimenticata, ma l’unica particolarità degna di nota è Lyda, la vittima a cui Eva si sostituisce che però ad essere vittima proprio non ci sta.
Denotando una grande forza d’animo, decisione, sangue freddo e discrete capacità fisiche, Lyda non è per nulla disposta ad aspettare nella sua cella che Diabolik ed Eva le svaligino la cassaforte della baita in montagna, così riesce con vari trucchi ad evadere, affrontando spavaldamente le trappole disposte nel rifugio diaboliko. Peccato che tanta scaltrezza crolli al momento della peggior scelta che la donna potesse fare: telefonare a quel babbeo di Ginko per avvertirlo del piano in corso. È stato come dare il successo al Re del Terrore a tavolino.
A parte questa trovata il resto l’ho trovato poco degno di nota.
4. Tomba di ghiaccio
da “Diabolik” n. 515 (settembre 1987)
sceneggiatura di Angela e Luciana Giussani
disegni di Gabriele Pennacchioli
«Durante un’escursione in montagna, Eva e Diabolik trovano morto un uomo… vivo. Ma com’è possibile che Luca Bernier sia qui sotto il ghiaccio e nello stesso tempo viva agiatamente nella sua villa? La risposta è in un nido di vipere avide e spietate.»
È la prima volta in tanti anni che trovo così profondamente sgradevole il personaggio, calato in una storia indegna: forse questo albo avrebbe meritato quelle ingiuste denunce ricevute negli anni Sessanta.
Durante un’escursione fra i ghiacci Eva vede un cadavere congelato e muore di paura: ma siamo seri? Una pluriomicida che si spaventa per un morto ghiacciato? Va be’… Esce fuori che il morto è un vecchio amico di Diabolik ed Eva, che sono proprio noti per essere compagnoni con cui fare amicizia subito. Il legame con il tizio era così saldo, così stretto che erano dieci anni che non avevano contatti con lui, ammazza che amicizia! Scoperto che il gemello cattivo ha preso il suo posto e amministra le sue ricchezze, i nostri eroi decidono di fare un massacro spregevole.
Già il tema della vendetta non regge, perché questo sedicente amico è una roba che sta in piedi con lo sputo, poi le sorelle Giussani cercano di ritrarre in modo negativo la famigliola che da dieci anni vive il frutto di quel passato fratricidio, ma qualsiasi sia la loro colpa è roba vecchia: risulta particolarmente sgradevole e volgare e oscena l’opera di sistematico sterminio a cui Diabolik ed Eva sottopongono i personaggi, i quali vengono uccisi con una freddezza e procedura degne di un gerarca nazista.
Sono schifato da questa storia, volgare porno-violenza fine a se stessa: è la prima volta che vorrei scrivere indignato a una casa, oltre che a chiedere il sequestro dell’albo.
5. La morte sa aspettare
da “Diabolik” n. 753 (novembre 2009)
sceneggiatura di Carla Massai
disegni di Giuseppe Di Bernardo
«Molti anni fa Diabolik fu costretto a rinunciare a vendicarsi di un suo nemico. Ora gli si presenta l’occasione per chiudere quel conto in sospeso… ma la cosa si rivelerà molto più complicata del previsto.»
Una delle rarissime volte in cui Diabolik impugna una pistola, e per di più la punta contro Ginko! Già solo per questo è un numero “da collezione”.
La vicenda si apre raccontandoci un antefatto, preso dal n. 166 (8 giugno 1970), per spiegare come mai il Re del Terrore abbia un conto aperto con Rocco Hossein, il quale ha evitato la spietata vendetta diabolika – per aver rapito Eva – solo perché è stato arrestato: lasciarlo in galera era una punizione sufficiente, ci viene spiegato. Ma Diabolik non dimentica: «la morte sa aspettare».
Passano anni e Rocco viene fatto evadere da chi vuole usare le sue conoscenze per trafficare in armi biologiche, e il criminale è ben contento di tornare libero di delinquere, guidando una spedizione di suoi pari per le montagne, così da far uscire dal Paese materiale illegale: non sa che la sua evasione non è sfuggita al Re del Terrore, disposto a tener fede alla promessa di vendicarsi.
La storia, praticamente doppia visto che inserisce anche un corposo estratto del vecchio numero, è intrigante e ben scritta, riuscendo a tirar fuori buone trovate da uno spunto non certo ricco, così da leggersi con piacere senza provare sensazioni di déjà lu, di “già letto”. Un buon modo per farsi passare la rabbia della spregevole storia precedente.
L.
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Caro Ghiaccius, siamo contenti del tuo progressivo avvicinarti al verbo diaboliko e ti segnaliamo la storia di Faraci/Villa contenuta in “Diabolik visto da lontano” in cui si chiarisce che il nostro amato anti-eroe dai capelli incollati al cranio è in grado di uccidere anche col mitra, per esempio, anche se preferisce lo swiss del suo pugnale. Uno dei nostri sceneggiatori in prova ha proposto un soggetto in cui Diabolik tortura un tale che ha fatto il solito trattamento per resistere al pentothal con una compilation di pezzi rap che sono esclamazioni del suo amato nemico Ginko, ma è stato accompagnato alla porta. Di servizio. Pfui. Meno male che possiamo contare sul supporto di persone come te. Ciao ciao
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Basta già la presenza di quel babbeo di Ginko ad essere una tortura, non occorre aggiungerne altra 😀
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Tu pensa che Tomba di ghiaccio è invece, da sempre, una delle mie storie preferite.
Con tutta la chirurgica logica (forse kattiveria?) di Diabolik e Eva.
Moz-
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Sembra ridicolo detto a Diabolik, cioè al criminale per eccellenza, ma l’ho trovato davvero biasimevole e in una storia vergognosa.
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