In occasione dei 35 anni de I predatori dell’arca perduta, e dello specialone sui vari film organizzato dalla Bara Volante di Cassidy, ne approfitto per ripescare i libri che presentano le novelization dei vari film.
Segnalo anche l’altra mia iniziativa per festeggiare il film:
- “Gli Archivi di Uruk” presenta la novelization del quarto film
In una notte di inizio 2008 Mike Richardson, papà della Dark Horse Comics, riceve una di quelle telefonate che nessuno dovrebbe ricevere: lo informano che Steven Spielberg sta per presentare un quarto film di Indiana Jones.
Mike si getta in ginocchio, alza la testa al cielo e grida «Nuoooooooooo!».
Dopo un paio d’ore raggomitolato in posizione fetale, Mike si riprende e riacquista il sangue freddo del fumettaro: «Un momento – si dice, – ma io ho ancora i diritti del personaggio a fumetti!» I suoi occhi ruotano all’indietro e al loro posto appaiono dei dollaroni sfrigolanti! $ $
Da più di dieci anni la DHC ha soppresso la serie a fumetti del povero Indiana Jones, vittima della strana regola aurea secondo cui più un personaggio è famoso al cinema più i suoi fan schifano tutti gli altri media. È come per James Bond: c’è gente che se lo tatua addosso ma giammai è disposta a leggere un suo fumetto…
Però il copyright è ancora Dark Horse quindi… perché non sfruttare questa disgrazia per cercare di alzare qualche dollaro?
Mike alza la cornetta perché una bella ristampa aspetta: in men che non si dica il 6 febbraio 2008 appare Indiana Jones Omnibus, Volume 1: tomone di 352 pagine contenente le prime tre avventure inedite del personaggio che la Dark Horse aveva presentato nei primi anni Novanta, e che pian piano cercherò di presentare nelle prossime settimane.
Il 18 maggio 2008 Spielberg presenta al Festival di Cannes Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo, e il 22 maggio successivo cala come un avvoltoio il nostro Mike e presenta la novelization a fumetti del film (la cui copertina ho usato all’inizio di questo post), adattata da John Jackson Miller (firma eccellente della casa, per cui ha scritto fiumi di storie delle saghe di Star Wars e Mass Effect) e disegnata da Luke Ross (Samurai: Heaven and Earth, Star Wars: Honor and Duty).
I dollaroni negli occhi di Mike continuano a girare: bisogna sfruttare il marchio finché è caldo, anche perché ‘sti fumetti dubito fortemente che abbiano avuto vendite degne di nota.
Un mese dopo, il 18 giugno 2008, la Dark Horse cala sul tavolo un’altra carta nel grande gioco del “Sfruttiamo un personaggio vecchio che quelli nuovi li toppiamo tutti”: esce Indiana Jones Adventures: Volume 1, un albetto di 80 pagine scritto da Phillip Gelatt, con una copertina di Ronda Pattison che fa pensare ad un target giovanile.
Con i disegni “cartoneanimateschi” di Ethan Beavers assistiamo ad una classica avventura di Indiana Jones, piena di misteri, terre esotiche, criminali arabeggianti, cattivoni nazisti, una bionda mozzafiato che spacca gli zebedei e pugni e frustate.
Però non sono più gli anni Ottanta, checché ne dica Spielberg, e tutta questa roba scritta nel 2008 sa di vecchio molto più che la serie regolare Marvel dedicata al personaggio, che invece alla sua epoca era roba forte.
Non stupisce che quella scritta “Volume 1” rimanga isolata: soltanto un anno dopo, nel settembre 2009, apparirà un volume 2 e poi finalmente la serie avrà una morte misericordiosa.
Il 25 giugno è la volta di Indiana Jones Omnibus, Volume 2, perché bisogna usare la frusta finché è calda! Un altro tomone di 384 pagine contenente stavolta ben cinque avventure inedite: le rimanenti cioè della stagione Dark Horse degli anni Novanta.
Ora però basta con le ristampe e le avventurette per ragazzi: servirebbe una bella storia inedita come la DHC ne sfornava negli anni Novanta: ecco dunque il 9 luglio 2008 arrivare in fumetteria Indiana Jones and the Tomb of the Gods.
La sceneggiatura è affidata a Rob Williams (che per la casa ha scritto storie a iosa di Star Wars Rebellion) mentre ai disegni troviamo Steve Scott.
Siamo nella Siberia del 1931, e voi non ci crederete ma nei ghiacci antichi viene scoperto “qualcosa”… Ammazza che ideona fresca fresca!
Voliamo alla New York del 1936 dove il nostro Indiana Jones incontra il misterioso Henrik Mellberg giusto in tempo perché i cattivi sparino loro addosso. Durante la fuga rocambolesca per i grattacieli, il pazzerello Mellberg affida al nostro eroe un antico reperto circolare e, prima di morire, gli rivela che gli altri tre pezzi sono in mano ai cattivi: se uniti insieme, quei quattro pezzi potrebbero aprire “qualcosa” che getterebbe il mondo nelle tenebre. Mentre Indiana si chiede cosa diavolo stia succedendo, la bella cameriera dei cattivi gli ruba l’antico reperto, così ora tocca cominciare l’avventura daccapo.
Insieme al fido Marcus Brody – disegnato sui tratti del compianto Denholm Elliott del primo e del terzo film – il professor Jones indossa i panni di Indiana e si parte per l’avventura.
Arrivati in Tibet incontrano il monaco Beresford (classico nome da monaco tibetano!) e tutti si fugge dai mongoli incacchiati su un aereo scassato.
Poi si vola non si sa dove e si finisce su una nave, dove incontriamo di nuovo la cameriera ladra, in realtà la affascinante mercenaria Janice Le Roi che presta i propri servizi armati a chi sappia pagarla meglio: in questo caso i nazisti capeggiati da Von Hassell con una lama nella manica.
I traditori fanno presto ad esser traditi, così in men che non si dica Indiana e Janice si ritrovano su una barchetta in mezzo al mare, condannati da Von Hassell a fare da spuntino per gli squali. (Sarà un omaggio a Lo Squalo sempre di Spielberg?)
Salvati da Marcus Brody, si va tutti in Siberia dove scopriamo che il costume di Indiana Jones è adatto ad ogni clima e ad ogni latitudine…
Una bella sfida alla slitta con i nazisti di Von Hassell ci sta proprio bene, per poi finire in un bel tunnel scavato nei ghiacci eterni… che sembra avere più di un debito con il film Alien vs Predator (2004) di Paul W.S. Anderson…
Trovato un tempio che sembra uscire da un incubo di Lovecraft, c’è il solito scontro finale: bing, bang, bong, il mondo è mio, prendi questa, hasta la vista baby e fine della storia…
Cosa dire di un’avventura in un’epoca in cui l’avventura è estinta? Oggi nel migliore dei casi c’è l’action, mentre l’adventure è roba d’altri tempi: qui è tutto scritto nel modo giusto, ogni aspetto del personaggio è ricreato e curato bene… eppure è una storia che non prende. Non è perché sia tutta roba già vista milioni di volte, quello è il meno, credo che semplicemente sia un genere narrativo che non corrisponde più ai gusti del terzo millennio. (Non chiedetemi quali siano i gusti del terzo millennio, perché temo che l’unico gusto sia… l’assenza di qualsiasi gusto!)
Dopo questa saga la Dark Horse ha sfoggiato qualche ristampa ma ha capito che non è più tempo per Indiana Jones… almeno fino al 2019, quando uscirà il quinto film con Harrison Ford, dal titolo provvisorio di Odissea nell’ospizio…
Scheda etrusca dei fumetti citati
[6 febbraio 2008] Indiana Jones Omnibus, Volume 1, raccolta delle prime tre avventure a fumetti del personaggio targate Dark Horse: The Fate of Atlantis (1991), Thunder in the Orient (1993) e The Arms of Gold (1994).
[22 maggio 2008] Indiana Jones and the Kingdom of the Crystal Skull (novelization), di John Jackson Miller (basato sulla sceneggiatura di David Koepp da un soggetto di George Lucas e Jeff Nathanson) e Luke Ross
– saga in due numeri, con relative variant cover, uscita insieme al relativo volume TPB.
[18 giugno 2008] Indiana Jones Adventures, di Phillip Gelatt ed Ethan Beavers
– saga in due parti (forse ne erano previsti di più): il secondo volume però appare solo il 16 settembre 2009, sempre con i disegni di Beavers ma scritto da Mark Evanier.
[25 giugno 2008] Indiana Jones Omnibus, Volume 2, contenente il resto delle avventure a fumetti Dark Horse degli anni Novanta: The Golden Fleece (1994), The Shrine of the Sea Devil (1994), The Iron Phoenix (1994), The Spear of Destiny (1995) e The Sargasso Pirates (1995).
[9 luglio 2008] Indiana Jones and the Tomb of the Gods, saga in quattro numeri di Rob Williams e Steve Scott (ma l’ultimo numero è disegnato da Bart Sears).
L.
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Indy contro lo squalo che incontra le creature di Lovecraft e trova “qualcosa” tra i ghiacci, il capo della DHC si è allineato ai tempi che corrono, poche idee ma tutte malamente riciclate 😉 Bellissimo super post hai scovato un quantitativo esagerato di materiale, e penso che la telefonata sia andata veramente come da te descritta, con tanto di occhi a forma di dollaro 😉 Cheers!
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ahaha povero Mike, cerca di essere “di nicchia” e di presentare prodotti di un certo livello… ma quando sente il “pa-pa-ra-paaaa” e il rumor di frusta, dà fondo al qualunquismo più moneymaker! 😀
(Ciò non toglie che dubito abbia guadagnato qualcosa da questi fumetti, fan service per un film che di fan non è che ne abbia molti…)
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Della serie “Ma se proprio vogliono riportare al cinema Indiana Jones nel ventunesimo secolo, chi sono io per non provare a rifumettarci sopra?” 😛
P.S. Io il quarto Indiana Jones non è che l’abbia proprio schifato, eh (con tutto quello che non è rispetto ai precedenti)…
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Un tentativo lecito, quello della DHC, ma davvero ormai il personaggio ha già detto tutto…
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[…] Indiana Jones 2008: la rinascita L’apparizione del quarto film scatena la rinascita a fumetti della DHC. […]
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Interessante disamina!
” il capo della DHC si è allineato ai tempi che corrono, poche idee ma tutte malamente riciclate ”
Già! Sic!
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[…] Lucius Etruscus che anche questa settimana completa il blogtour con il prezioso contributo: Fumetti Etruschi presenta la rinascita a fumetti di Indy del 2008. Gli Archivi di Uruk presenta la novelization del […]
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